giovedì 17 marzo 2011

INNO NAZIONALE - INNO DI MAMELI - Coro e Orchestra dell'Accademia Nazion...

AUGURI ITALIA

Coro e Orchestra Dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia


Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria.
L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese.
Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno nazionale della Repubblica Italiana.


Fratelli d'Italia
          l'Italia s'è desta;
          dell'elmo di Scipio
          s'è cinta la testa.

          Dov'è la vittoria?
          Le porga la chioma,
          ché schiava di Roma
          Iddio la creò.

          Stringiamoci a coorte,
          siam pronti alla morte;
          Italia chiamò.

          Noi siamo da secoli
          calpesti e derisi,
          perché non siam popolo,
          perché siam divisi;

          raccolgaci un'unica
          bandiera, una speme;
          di fonderci insieme
          già l'ora sonò.

          Stringiamoci a coorte,
          siam pronti alla morte;
          Italia chiamò.

          Uniamoci, amiamoci!
          L'unione e l'amore
          rivelano ai popoli
          le vie del Signore;

          giuriamo far libero
          il suolo natìo;
          uniti, per Dio
          chi vincer ci può?

          Stringiamoci a coorte,
          siam pronti alla morte;
          Italia chiamò.

          Dall'Alpe a Sicilia
          dovunque è Legnano;
          ogni nom di Ferruccio
          ha il core e la mano;

          i bimbi d'Italia
          si chiaman Balilla;
          il suon d'ogni squilla
          i vespri sonò.

          Stringiamoci a coorte,
          siam pronti alla morte;
          Italia chiamò.

          Son giunchi che piegano
          le spade vendute;
          già l'aquila d'Austria
          le penne ha perdute;

          il sangue d'Italia
          bevè, col cosacco,
          il sangue polacco,
          ma il cor le bruciò.

          Stringiamoci a coorte,
          siam pronti alla morte;
          Italia chiamò.




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